Titoli di Stato, i tre paradossi che fanno comodo al Tesoro. Ma l’Italia pagherà un conto salato

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Il Mef ha passato indenne un febbraio denso di aste. I Btp sono appetibili perché rendono più degli altri, ma già l’anno prossimo la spesa per interessi sarà di 9 miliardi più alta. Intanto la Bce è tornata accomodante, ma se i falchi tacciono è solo per il peggioramento…

Una su ottocento ce l’ha fatta: dai call center di Linkem alla direzione delle risorse umane

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Donne Impresa è Grazia Paparella, che “si è fatta da sola” a Bari. Scaricata dalla sua prima azienda dopo la gravidanza, ha ricominciato da zero nella società di Tlc. E, forte di quell’esperienza, da quando guida il personale ha puntato molto sul percorso genitoriale dei…

Il ritorno delle imprese in Italia: dall’offshoring al reshoring.

Il processo di delocalizzazione, motivato e spinto dalla ricerca di una più favorevole fiscalità e dalla ricerca di manodopera sottopagata, nel corso del tempo ha portato ad una significativa desertificazione di imprese nei distretti industriali del nord ma anche del meridione.

Le condizioni che da circa una trentina di anni spingono molte imprese italiane a delocalizzare (off-shoring) i processi produttivi sembrano segnare tuttavia una inversione di tendenza. Si sta passando da un fenomeno di delocalizzazione ad un fenomeno di rilocalizzazione (re-shoring) manifatturiera ed industriale. Si osserva il ritorno nel paese di origine di attività spostate all’estero.

Varie le ragioni. Principalmente, per le nostre pmi, i costi logistici di trasporto sono via via aumentati in modo considerevole e, al contempo, il costo del lavoro e della manodopera nell’area dell’est Europa ed in paesi asiatici come la Cina hanno subito un rialzo tale da ridurre sempre più il divario tra il costo del lavoro europeo ed asiatico. Ancora, la qualità e le competenze che le nostre aziende ricercano e che faticano a trovare in determinati paesi di destinazione. Il prodotto certificato italiano, non per nulla, è percepito come avente maggior valore e per il quale il cliente internazionale è disposto a pagare anche un alto prezzo.

Il rientro in Italia della produzione ha indubbi riflessi diretti sulla ripresa del mercato del lavoro (vista come cessazione della perdita di posti di lavoro e probabilmente vista anche come opportunità per creare nuova occupazione), e può rappresentare una opportunità per il potenziamento del brand “Made in Italy”, che ancora ci distingue nel mondo, attraverso la realizzazione sul territorio di lavorazioni e di prodotti di alta gamma per i quali il nostro Paese è globalmente noto ed apprezzato e su cui deve puntare in un’ottica competitiva di presenza e di presidio nei mercati internazionali.

L’Italia supera la media europea per numero di rimpatri pur in assenza di significative misure economico-finanziarie, nonché fiscali-lavoristiche, tali da supportare e favorire il rientro della produzione. Contrariamente agli Stati Uniti, che hanno varato misure di supporto volte alla defiscalizzazione e alla concessione di benefici al fine di riportare indietro aziende ed interi segmenti produttivi, tra cui colossi globali come Apple e Ford.

In un panorama di cambiamento all’orizzonte, si torna a scommettere sull’Italia, dunque. Ma occorre poter sfruttare adeguatamente e strategicamente il nostro ecosistema imprenditoriale ed essere competitivi, sui mercati esteri e ritornare a crescere rapidamente sul mercato interno, con misure di sostegno alla produzione, con una fiscalità accettabile, con una burocrazia più leggera, con la tutela delle specializzazioni dei nostri lavoratori a partire dalla formazione universitaria, con l’incentivazione delle nuove tecnologie e del miglioramento continuo del prodotto, con interventi volti a favorire le aggregazioni tra imprese e le potenzialità del “fare sistema”.

Rating di legalità: il rispetto delle regole quale fattore distintivo e qualificante.

Introdotto nel 2012, con la Legge n. 27 del 24 marzo 2012 e successivamente rivisto e migliorato fino alla recente pubblicazione della nuova versione del Regolamento attuativo, tale strumento favorisce e incoraggia l’adozione di valori e comportamenti etici e sociali improntati al rispetto della legalità da parte delle imprese e alla sensibilizzazione e allo sviluppo di una “cultura della legalità”.

Si tratta di un meccanismo volto a premiare le aziende nell’accesso a credito bancario, che in un momento di stretta creditizia come è quello attuale, necessariamente si trova a doversi adeguare e ad essere maggiormente sensibilizzato nei rapporti con gli imprenditori rispettosi delle leggi. Ancora, volte a permettere l’ottenimento di agevolazioni finanziarie in genere, intese anche come bonus fiscali e crediti d’imposta. Infine, adeguato al fine di consentire la partecipazione e gestione più favorevole e semplificata degli appalti sotto forma di preferenze in graduatoria e riserva di una quota delle risorse finanziarie disponibili.

Indubbiamente opportuno puntare dunque sul rispetto di protocolli di legalità e sullo strumento del rating di legalità.

Con il “rating di legalità”, che costituisce una sicuramente una nuova opportunità per le imprese in un’ottica di sviluppo virtuoso ma anche, come infra descritto, uno meccanismo di selezione, si è voluto istituire un nuovo strumento di qualificazione aziendale, inteso anche come valorizzazione di modalità di gestione e organizzazione in funzione del D.Lgs. n. 231/2001.

In buona sostanza, attraverso l’adozione e successiva valutazione sotto forma di controllo preventivo da parte delle Autorità preposte del possesso di requisiti etici e legali, tecnici e finanziari adottati dall’impresa nella propria organizzazione, prassi commerciale, rapporti con le istituzioni e i terzi in genere, si può giungere ad un importante riconoscimento all’imprenditore meritevole e responsabile, che sceglie di operare nella correttezza e nella trasparenza, attraverso l’adesione a dei protocolli di legalità, con immediate e dirette ripercussioni positive sul livello di prestigio aziendale e sul grado di affidamento pubblico e privato.

Sotto il profilo operativo, potranno richiedere l’attribuzione della certificazione di qualità le imprese operative sul territorio nazionale che:

− abbiano raggiunto un fatturato minimo di due milioni di euro nell’esercizio chiuso l’anno precedente alla richiesta di rating, riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza, risultante da un bilancio regolarmente approvato dall’organo aziendale competente e pubblicato ai sensi di legge,

− siano iscritte al registro delle imprese da almeno due anni,

− non presentino cause di esclusione.

Il rating di legalità ha durata di due anni dal rilascio ed è rinnovabile su richiesta. In caso di perdita di uno dei requisiti base viene disposta la revoca del rating. Se vengono meno i requisiti grazie ai quali l’azienda ha ottenuto un rating più alto viene ridotto il grado di riconoscimento.

L’Autorità mantiene aggiornato sul proprio sito l’elenco delle imprese cui il rating di legalità è stato attribuito, sospeso, revocato, con la relativa decorrenza. Stante la pubblica e generale visibilità, questo sistema assicura la trasparenza nei confronti del mercato, della concorrenza e dei competitors, circa il possesso del rating e le possibili vicende modificative. La pubblicazione di un’eventuale sospensione o revoca del rating ha evidentemente e correlativamente un impatto negativo sull’immagine dell’impresa interessata.